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La Misurazione del Self Empowerment di Persone e Aziende

La Misurazione del Self Empowerment di Persone e Aziende

Finalmente, dopo anni di ricerca, applicazione e sperimentazione del self empowerment nelle diverse realtà e aziende, Risfor, l’Ing.Massimo Bruscaglioni e il suo Team ha messo a punto il Sistema di Rilevazione del Self Empowerment della Persona e delle popolazioni aziendali….

E’ un sistema integrato che fornisce diversi tipologie di risultati utili:

-all’azienda: per verificare tra le popolazioni aziendali (potenziali, talenti, senior, over-age, ecc.) dove si collocano le persone in termini di self empowerment posseduto, self empowerment auspicato richiesto,  gestione del funzionamento dell’esistente e altri indicatori importanti che evidenziano la dinamicità delle persone;

alla singola persona: per poter lavorare sul proprio autosviluppo attraverso il “profilo radar individuale” del proprio self empowerment  e il kit autogestito di autosviluppo.

Lo strumento di rilevazione del self empowerment consiste in un questionario la cui compilazione richiede circa 15-20 minuti. E’ già stato applicato e sperimentato in più di 20 aziende di diverse dimensioni, coinvolgendo circa 5.700 persone.

Per conoscere le potenzialità del sistema contattaci all’indirizzo: info@risfor.net; saremo molto contenti di presentarti di persona lo strumento di rilevazione del self empowerment e le sue potenzialità.

 

 

Formazione

Formazione

…in grado di incidere sul benessere delle persone, sul miglioramento del clima aziendale, sullo sviluppo delle persone e sul raggiungimento dei risultati.

L’approccio alla formazione, sviluppato dal nostro Network “Bruscaglioni Empowerment Risfor Network, focalizza e consente di raggiungere risultati particolarmente importanti ed incisivi in termini di singole Persone, Team, Azienda….

È un approccio innovativo che inoltre permette in formazione originalità, innovatività, engagement delle persone, clima di comunicazione generativa, lavoro proficuo sull’esperienza delle persone partecipanti.

La formazione che proponiamo:

  • è in grado di ottenere risultati visibili nelle persone per rendere coerenti e concreti nel quotidiano i salti di qualità dell’azienda, delle risorse umane, della singola persona;
  • è strutturata in modo che ciascuna persona possa tenere conto della propria specificità e possa riuscire così ad arrivare alle mete condivise;
  • aiuta le persone ad avvicinare il quotidiano agli orientamenti globali aziendali;
  • usa metodologie formative che lavorano sull’esperienza delle persone;
  • mobilita l’energia per il “gusto” di ciò che è richiesto di nuovo;
  • porta la persona ad una miglior alleanza con l’azienda e con le altre persone, basata sull’engagement della persona intera, sulla alleanza tra le parti più vitali di azienda e persone, sulla responsabilità e il gusto di lavorare insieme, sul lavoro come attività generativa, sulle inevitabili contraddizioni come stimolo alla generazione di nuove soluzioni.
“Ma le persone cambiano?”

“Ma le persone cambiano?”

di Massimo Bruscaglioni

Rino Gattuso non è un celebre studioso di psicologia e neanche di management; però ha dato un titolo interessante al libro che parla di sé e della sua vita (di uomo e di calciatore del Milan e della Nazionale): “Se nasci quadrato non puoi morire tondo”….

Invece un celebre motto popolare riguardante il matrimonio, è sul cambiamento più articolato, fulminando l’ascoltatore con quattro mezze frasi: “Lei lo sposa convinta che lui cambierà; e lui, ovviamente, non cambia. Lui la sposa convinto che lei non cambierà; e lei, ovviamente, cambia.

Ma insomma, le persone cambiano o no? Possono cambiare?…

Anche in azienda se lo chiedono i manager, i formatori, le stesse persone interessate; e nella vita globale ce lo chiediamo spesso in tanti, in tante occasioni, riferendoci agli altri ed anche alla propria persona.

Per l’azienda è possibile cambiare: per esempio cambiando l’AD, il top management, la strategia, l’organizzazione, le tecnologie, l’immagine aziendale. Ma come fa la persona, come fa Carlo Rossi o Maria Bianchi, a cambiare? L’azienda cambia “sostituendo” al precedente qualcuno o qualcosaltro; ma io persona come faccio a sostituire me stesso, a cambiare?

La risposta che propongo, in sintesi telegrafica, è la seguente. Se per “cambiare della persona” si intende che qualcosa di nuovo annulla il vecchio e lo sostituisce, allora le persone quasi mai davvero cambiano. Se invece per cambiamento si intende che 1) prima la persona apre dentro di sé nuove possibilità (per il momento solo “possibilità”) che si aggiungono alle precedenti; e 2) successivamente (per preferenza propria o perché sollecitata dall’esterno) la persona si sposta da una propria possibilità (quella praticata precedentemente) ad un’altra propria possibilità, allora le persone cambiano eccome e spesso.

Ad essere sbagliato è proprio il modello di lettura tradizionale del cambiamento della persona, che non corrisponde quasi mai alla realtà delle persone adulte concrete. Non è infatti valido quel modello di lettura del cambiamento che dice che: 1) prima la persona va in crisi (“unfreezing”); poi 2) va in pezzi e li rimette insieme in una nuova forma (change: per esempio non più quadrato ma rotondo; oppure non più specialista ma gestore e manager), infine 3) si ricompatta nella nuova forma: e voilà, la persona è cambiata. Questo modello quasi sempre non corrisponde alla realtà per la semplice ragione che l’adulto (così come i sistemi sociali evoluti) non accetta veramente di “andare in pezzi” neanche per un attimo transitorio (anche se a volte la percezione di sofferenza è questa).

Facendo ricerca sistematica, e parlando a fondo (ci vuole metodologia, pazienza e interesse) con le persone reali dei cambiamenti verificatisi “nella” loro vita, anche quando prevalentemente imposti da fattori esterni, si scopre che quasi sempre la persona aveva molto tempo prima elaborato idee alternative dentro di sé: sul possibile cambiamento di lavoro; sul possibile cambiamento nel rapporto affettivo principale; sulla possibile strutturazione della sua vita; sul possibile cambiamento del suo modo di fare. La persona aveva cioè dentro di sé, già da tempo una “possibilità” ulteriore, diversa e aggiuntiva rispetto a quella che stava mettendo in azione.

Potremmo riassumere così alcuni principi, per sottolineare che “non si può cambiare” nel senso di sostituire qualcosa di altro a sé stessi, ma anche che “si può cambiare” nella interazione col proprio ambiente:

– si cambia quasi sempre per aggiunta, non per sostituzione

– la prima fase del processo di cambiamento avviene all’interno alla persona e non ha conseguenze visibili esterne: avviene cioè molto tempo prima, quando la persona apre dentro di sé una nuova possibilità: che per adesso è solo tale

– il cambiamento diventa visibile, quello di cui si vedono le conseguenze osservabili concrete, quando avviene nella persona lo spostarsi da una propria possibilità interna ad un’altra propria possibilità interna: di lavoro; di affetti; di strutturazione della propria vita di rapporti con gli altri; di gestione di sé nel rapporto con l’ambiente.

Proviamo a fornire qualche flash sulle conseguenze interessanti in particolare in sede FOR:

– formatori: non pensiamo e annunciamo di lavorare per aiutare le persone a “cambiare”; pensiamo ed esplicitiamo invece di lavorare per aiutare le persone ad aprire dentro di sé nuove aggiuntive possibilità. Così poi ogni persona potrà scegliere.

– management: non diciamo sempre che la via che si sta percorrendo è quella giusta ed anzi è l’unica (salvo poi fare un ribaltone di tanto in tanto). Abituiamo noi stessi e le persone che influenziamo a sapere che si hanno sempre più possibilità, che quella che si sta mettendo in atto è frutto di una scelta; e che ce ne sentiamo responsabili.

– genitori: aiutiamo i nostri figli a costruire più possibilità dentro di sé, ad essere consapevoli di scegliere, a sentirsi così protagonisti e responsabili della propria vita. Ad avere idealità (scelte) e non ideologie (assolute): nella vita quotidiana come sui grandi temi. Del resto è la “multipossibilità” il paradigma che sta alla base della democrazia così come della gestione generativa delle differenze.

– A tutti: cerchiamo di essere non schiavi, non ricattabili, ma liberi e potenti; a non essere distrutti nemmeno se licenziati, nemmeno se abbandonati, nemmeno se imprigionati; nemmeno se apparentemente incastrati in un mondo finto (il che vuol dire anche sentirsi finti nel mondo).

Articolo di Massimo Bruscaglioni pubblicato sulla rivista FOR sezione Pro-vocazioni

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